Torneremo ancora: la dimensione umana e spirituale di Battiato
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Torneremo ancora: la dimensione umana e spirituale di Battiato

"Torneremo ancora" è stato registrato due anni fa e dà il titolo all'omonimo disco che contiene 14 canzoni scelte tra quelle più rappresentative della carriera

Liberarsi dalla costrizione quotidiana del proprio Io: è questo l’approdo che esprime in modo significativo l’essenza di un percorso di conoscenza e di una sua dimensione ulteriore. Franco Battiato regala al suo pubblico un inedito scritto con Juri Camisasca, compagno di viaggio artistico e spirituale, prima dell’allontanamento forzato dalle scene per motivi di salute.

Torneremo ancora dà il titolo all’intero progetto musicale, uscito di recente in cd e doppio Lp e pubblicato da Sony Music Legacy. Comprende anche quattordici brani celebri tra cuiPovera Patria, La cura, E ti vengo a cercare, registrati durante le prove degli ultimi concerti nel 2017 con la Royal Philharmonic Concert Orchestra di Londra, che ha all’attivo prestigiose collaborazioni da Stevie Wonder a Luciano Pavarotti e Josè Carreras .

Il timbro ed il colore della voce riacquistano sostanza e trasparenza in un album che nasce all’interno dell’home studio del cantautore, emozionato e perfino commosso dall’ascolto dell’esito finale secondo quanto riportato dai suoi più stretti collaboratori.

La canzone è legata all’idea di essere spiritualmente in cammino verso una condizione di purificazione, uno stato diverso di coscienza che è il risultato della propria evoluzione interiore. Il video ufficiale è stato realizzato dal regista siciliano Giuseppe La Spada, originario di Milazzo, che ha lavorato con Marco Mengoni e artisti internazionali del calibro di Ryuichi Sakamoto e che si esprime soprattutto attraverso il rapporto dell’uomo con la natura.

Per l’ambientazione la scelta è finita su luoghi di grande densità spirituale e di contemplazione, capaci di restituire il senso del divenire e della rigenerazione: l’Etna insieme al suo comprensorio e la zona dell’altopiano dell’Argimusco. Immagini fatte di acqua e di materia, di nebbia e zone impervie che culminano nella scena finale di preghiera che vuole essere di auspicio perché l’uomo sappia perdere sé stesso nelle forme della natura e nei suoi intrecci inconsapevoli e misteriosi.

L’universalità umana della trasformazione, di una esistenza che sa di infinito come i sogni e come le note armonizzate di un pianoforte. Una canzone che non conosce spazio e tempo, in una interpretazione intensa nella sua fragilità emozionante e fortemente evocativa della condizione umana.

 

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