Vent’anni fa moriva Giorgio Gaber, la sua rivoluzione culturale è ancora in corso
Una riflessione collettiva a vent'anni dalla morte del cantautore milanese, una maratona di 24 ore in diretta sul sito della Fondazione Gaber
Padre del “teatro canzone” Giorgio Gaber, noto anche come il “Signor G”, è stato uno dei più grandi artisti della scena italiana del secondo Novecento. A vent’anni dalla sua scomparsa, la sua opera rimane attuale e incisiva, nonostante sia stata scritta per un pubblico di cinquanta, o addirittura sessanta anni fa. La grandezza di Gaber risiede proprio nella sua capacità di superare il tempo e lo spazio, diventando un punto di riferimento per intere generazioni.
Le canzoni, i monologhi e i testi di Gaber sono diventati parte del gergo comune, tanto da essere citati senza neanche sapere di attribuirli a lui. Basti pensare a una delle sue frasi più famose: “io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”. Queste parole, scritte decenni fa, risuonano ancora oggi come una critica alla società e alla politica italiana, dimostrando la profondità e la validità del pensiero di Gaber.
Nonostante siano passati due decenni dalla sua scomparsa (1 Gennaio 2023), Gaber rimane una figura indimenticabile nella storia della musica e del teatro italiano. La sua capacità di parlare al cuore e alla mente delle persone lo rende ancora oggi un punto di riferimento per chi cerca una voce autentica e coraggiosa, lontana dal chiacchiericcio da bar.
Fra gli intellettuali capaci di interpretare e raccontare i loro tempi, pochi come lui, e Pier Paolo Pasolini, sono stati in grado di prevedere il futuro con la precisione di veggenti avanguardisti, senza mai diventare banali o melodrammatici. Gaber è stato uno dei pochi ad aver tracciato un solco duraturo nella storia della cultura e del teatro musicale.
È stato un innovatore musicale, grazie all’utilizzo di ritmi incalzanti e di testi ironici e taglienti influenzando molti artisti dopo di lui, che hanno voluto seguire le sue orme e utilizzare la canzone come mezzo per raccontare la realtà.
La poetica di Gaber è stata fonte di ispirazione per molti giovani che, negli anni ’60 e ’70, si sono trovati a vivere un periodo di grandi cambiamenti e di rivoluzione culturale. Le sue canzoni hanno rappresentato un modo per dare voce alle loro preoccupazioni e ai loro ideali, diventando così un punto di riferimento per un’intera generazione.
Spesso duramente criticato dalla politica di destra e di sinistra per la sua natura libertaria e anarchica, Gaber raccontava la gente, viveva con la gente, come quella sera che tornando a Milano in auto da una replica in provincia, ha notato due giovani ragazzi che aspettavano davanti al Teatro Lirico con l’intenzione di acquistare i biglietti per lo spettacolo della sera dopo essendo dei grandi fan dell’artista e di volersi assicurare i migliori posti per lo spettacolo. Gaber, con il suo fare gentile, li ha invitati a salire in auto con lui per andare a mangiare qualcosa insieme a loro.
Questo era Giorgio Gaber, un artista che amava trascorrere del tempo con i suoi fan e che era sempre pronto a fare un gesto gentile verso gli altri. Anche se è difficile immaginare cosa direbbe oggi di questi tempi, di questo mondo che cambia rapidamente, dritto verso una deriva culturale e sociale, anticipata dall’estro visionario del maestro milanese.
Milano, dove ha trascorso gran parte della sua vita e dove ha realizzato molti dei suoi spettacoli. La città era fonte di ispirazione per le sue canzoni, che spesso raccontavano la vita di tutti i giorni, della gente comune, di Brera e dei Navigli.
Ha avuto un ruolo attivo nella vita della città, diventando una figura di spicco nel mondo della cultura milanese.
Le collaborazioni di Gaber con Sandro Luporini e Paolo Grassi sono state fondamentali per la sua carriera e hanno contribuito a farlo conoscere come uno degli artisti più importanti e influenti della sua generazione. La sua amicizia con Grassi e il suo legame con la città di Milano hanno contribuito a plasmare la sua arte e la sua identità come artista.
Le sue parole continuano a parlare di noi come se fossero state scritte ieri. Come un domani già annunciato, e che per molti anni, in tanti hanno fatto finta di non credergli.
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